C’è una cosa che impari presto nel coaching: la crescita non è sempre comoda.
Anzi, le vere svolte arrivano spesso quando qualcuno ti dice esattamente ciò che non vorresti sentire, ma di cui avevi tremendamente bisogno.

Ecco perché, anche per i coach professionisti, mentoring e supervisione sono la spina dorsale di una pratica viva, consapevole, e soprattutto etica.

Di cosa si tratta?

Mentoring: è un po’ quella guida che illumina i passaggi ciechi

Nel coaching non è “lezione frontale” ma un confronto generoso, tra colleghi di cammino, in cui chi ha più esperienza ti accompagna ad affinare le tue competenze di coaching.

“Mentoring is not about fixing the coach. It’s about awakening their capacity to see more, be more, and serve more.”
Fran Fisher, MCC, Coach Mentor & Supervisor

Il mentor ti aiuta a distinguere una domanda potente da una domanda invadente.
Ti mostra il “non detto” tra le righe di una sessione.
Ti restituisce lo sguardo che, da solo, potresti non riuscire più ad avere.

È come avere un compagno di cammino che sa quando incoraggiarti… E quando dirti che stai prendendo il sentiero sbagliato.

Supervisione: è invece lo spazio sicuro dove guardarsi allo specchio (davvero)

Nessun coach è immune da bias, automatismi, fragilità. La supervisione serve a questo: ad ascoltare come stai tu, mentre ascolti gli altri. Serve a riportare in luce l’intenzione, a ricentrarti sull’etica, a disinnescare l’ego e ritrovare l’umiltà di chi continua a imparare.

È il luogo dove puoi dire:
“Qui mi sono sentito inadeguato.”
“Qui ho reagito invece di ascoltare.”
“Qui non ho capito cosa mi stesse succedendo.”

E ricevere una risposta non giudicante, ma evolutiva.

“The moment a coach thinks supervision is a luxury, they miss the point: it’s a professional responsibility.”
Peter Hawkins, Supervisor, autore e formatore a livello globale

 

Evolvere è quindi questione di onestà

I migliori coach non sono quelli che hanno più certificati, ma quelli che sanno stare nel dubbio, che cercano feedback anche quando fa male, senza smettere mai di farsi domande.
Sono quelli che accettano di farsi mettere in discussione, per mettersi ancora di più al servizio dell’altro.

Supervisione e mentoring non sono il “dopo” di un percorso, sono parte del viaggio. Ciò che mantiene vivo il senso di quello che facciamo nella nostra professione.

Allora, chi hai accanto oggi che oserebbe dirti in faccia quello che nessun altro direbbe?
E tu, riesci ad accoglierlo come un dono?

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Due consigli per evolvere in modo autentico:

  1. Come scegliere un buon coach supervisor?
    Cerca qualcuno con cui senti di poter “abbassare l’armatura”.
    La competenza è fondamentale (meglio se ha una formazione specifica in supervisione), ma ancora più importante è la qualità della presenza: scegli chi sa ascoltarti senza giudicare, ma anche restituirti con fermezza quello che non vuoi vedere. Ti servirà empatia, ma anche rigore.
  2. Come scegliere un mentor coach?
    Scegli chi non vuole farti diventare come lui, ma aiutarti a diventare più te stessə come coach.
    Verifica che abbia credenziali aggiornate (es. PCC o MCC) e una buona conoscenza delle competenze ICF. Ma soprattutto, trova qualcuno che ti ispiri fiducia, con cui puoi lavorare sul come più che sul quanto.

La vera evoluzione non è mai solitaria. È relazionale.
Allora la domanda resta: chi hai accanto oggi che oserebbe dirti in faccia quello che nessun altro direbbe?

 
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